TRAP: curare le vene anzichè eliminarle

Se l’idea di togliere le vene proprio non vi va o qualche volta vi siete chieste se “a forza di togliere le varici, non si rischi di restare senza vene”, forse questo post vi chiarirà le idee e, perché no, vi farà decidere se vale la pena tenervi quella vena a cui siete tanto affezionate.

Per capire bene come funziona la TRAP (Fleboterapia Rigenerativa Tridimensionale Ambulatoriale, o semplicemente “trattamento flebologico rigenerativo), devo iniziare ricordando che i cosidetti “capillari visibili” e le varici si formano per un aumento di pressione a livello di una vena (può dipendere da moltissimi fattori e si chiama “ipertensione venosa”).

Questa “ipertensione” nel tempo porta alla dilatazione di quella vena e dei suoi rami.

Quindi: AUMENTANDO DI CALIBRO, VENULE E CAPILLARI diventano VISIBILI.

Come già descritto nelle relative pagine di questo sito, l’approccio tradizionale (comprese anche le tecniche più recenti come laser, radiofrequenza etc…) mira all’eliminazione delle vene dilatate.

Lo scopo del trattamento mediante la tecnica TRAP, ha invece lo scopo di ridurre il calibro dei vasi trattati, riportando varici e “capillari” al loro calibro originale e quindi non più visibili ed antiestetiche (o meno visibili).

Per quanto, istintivamente, trovi azzardato definirlo un trattamento rigenerativo, è vero che la riduzione di calibro si accompagna anche alla scomparsa del reflusso (ovvero “il sangue non torna più indietro”) e quindi la funzionalità della vena viene sostanzialmente ripristinata, o almeno migliorata.

Questo peraltro può succedere anche dopo altri tipi di trattamento, come per esempio il laser: infatti, trattando la vena safena per via endovasale, può succedere che, dopo una prima fase in cui la vena si chiude (che sarebbe lo scopo del trattamento), questa si ricanalizzi, ma appaia più sottile e continente, in conseguenza dell’azione termica o chimica sulle pareti del vaso.

Nei primi anni dall’avvento del laser, questo era considerando un fallimento del trattamento, ma attualmente, dopo tante discussioni e dubbi, la maggior parte dei colleghi lo considera un’ottimo risultato, dal momento che lo scopo principale è quello di eliminare il reflusso (a livello di una vena non funzionante).

In alcune occasioni ho sentito pazienti (ma anche qualche collega) obiettare che quindi “sarebbe meglio curare una vena varicosa, piuttosto che eliminarla”… oppure “ma togliendo le vene, non rischio di rimanere senza vene …oppure “se Dio ha messo una vena lì, vuol dire che serve”!

A parte il fatto che Dio ha messo anche i peli sotto le ascelle e sulle gambe, con opinabile utilità della cosa, faccio presente che curare una varice non è proprio come curare un dente: noi nasciamo con un numero piuttosto limitato di denti e, tolto un dente, non se ne genererà un’altro.

Il letto venoso è invece molto ampio, con una riserva funzionale importante. Inoltre ricordo che quando parliamo di varici degli arti inferiori, sostanzialmente ci riferiamo al circolo venoso superficiale. Il drenaggio venoso viene mantenuto perfino in caso di danno del circolo venoso profondo, anche completamente chiuso per incidenti o malattie (seppur in questi casi estremi sia poi necessario indossare una calza).

L’utilità di curare una vena equivarrebbe piuttosto nell’impiegare risorse di tempo e denaro per tentare di rendere utile un “dente del giudizio”: notoriamente abbiamo 4 cosiddetti denti del giudizio, che talvolta possono causare problemi di “ingombro” con gli altri denti. Comunemente la cosa si risolve togliendoli, senza porsi la questione se siano sani o meno: indipendentemente da ciò, tendono ad avere conseguenze piuttosto fastidiose, che comprendono danni ad altri denti, cefalee etc… Ora: varrebbe la pena cercare di non sacrificarlo? magari aggiustandone la posizione rispetto agli altri con “apparecchi”, con tutte le attenzioni necessarie, con il rischio di vedere danneggiato qualche dente adiacente? …in generale, dal momento che la sua funzione non è fondamentale, generalmente la soluzione più semplice è rimuoverlo. Questo vale anche per le varici: togliere una varice, equivale a togliere una possibile fonte di problemi e non compromette il drenaggio dell’arto nel suo complesso.

“Ok… ma, se sacrificare una varice non ci priva di chissà quale importante vaso, perchè considerare di curarle?” …quesito più che giusto. Dopo aver spiegato in cosa consiste questa tecnica, nel prossimo post mi addentrerò in un paragone tra TRAP e sclerosanti.

Anticipo già che questa tecnica mi piace molto, la faccio, ma ovviamente ha dei limiti e non sempre è la migliore opzione.

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Gloria T. Leonardi

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Dott.ssa GloriaTeresa Leonardi | Specialista in Chirurgia Vascolare

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